Giovinezza obbligatoria
"Cosa vuol dire davvero “invecchiare”? E’ una questione anagrafica, fisica, mentale? Quanto ci è davvero permesso farlo nel mondo di oggi? Siamo sicuri che prestanza fisica, produttività, velocità siano gli unici valori possibili - ad ogni età? Uno spettacolo dal ritmo veloce e dal tono ironico che, tramite l’ambientazione surreale, spinge ognuno a riflettere sulle proprie scelte di vita e quanto davvero sia possibile compierle liberamente."
Crediti
di Andrea Lupo
con Tiziana Irti e Andrea Lupo
regia Simone Schinocca
scene e costumi Giancarlo Gentilucci
foto di scena Roberto Cerè
una coproduzione Teatro delle Temperie, Tedacà, Arti e Spettacolo
categoria: prosa
anno: 2020
La trama
In un mondo immaginario è vietato invecchiare e l’umanità è organizzata da decenni con un sistema di regole ferree e vive le diverse fasce d’età secondo una rigida tabella di marcia controllata dagli Agenti Anti Età. Un sistema che non consente scelte individuali e convivenza di individui di età diverse. In cui chi non riesce a rispettare i valori fondamentali del motto “Produci e Consuma” è costretto a farsi da parte.
In questo mondo la vecchiaia è una fase negata, una malattia definitiva e incurabile.
I due personaggi della storia sono perfettamente integrati in questo sistema fino a quando uno di loro, Luca, un giorno si sveglia e di colpo è diventato vecchio. Luca e sua moglie Franca reagiscono quindi ognuno con le proprie capacità all’evento catastrofico che ribalta definitivamente le loro vite.
Le foto
Note di regia
Viviamo in un tempo in cui difficilmente riusciamo a “sentirci risolti” rispetto al tempo trascorso.
Stare nella propria età, avere la consapevolezza di quello che è stato e che potrà essere, rispettare e amare il proprio corpo che vive l’esperienza degli anni che trascorrono.
Mettere al centro noi stessi e non sentirci intrappolati in dover fare, dover essere, dover apparire. da qui abbiamo provato a partire per questo lavoro che nella sua creazione ci ha fatto attraversare l’Italia e con cui abbiamo provato a interrogarci sul tempo che scorre e su quanto spesso non ci si senta pronti per quello che è stato e che sarà.
Abbiamo esasperato la percezione della vecchiaia, l’abbiamo portata ad essere una malattia che tutti evitano come una peste, un tumore e che quando arriva porta con sé un verdetto irreversibile.
In una società fatta di specchi, in cui tutti si guardano dall’immagine riflessa, senza mai riuscire ad arrivare ad un vero sé, un tempo scandito da innumerevoli doveri e sovrastrutture, in cui il vortice sembra essere una condizione insostituibile. Anche questa una esasperazione del tempo reale. Un mondo sopra le righe, in cui porsi domande diventa pratica inusuale. E proprio quando viviamo una condizione estrema, che ci pone di fronte ai limiti di tempo, di esperienza, nel momento in cui tutto si paralizza per una malattia, per una imminenza della fine, proprio in quegli attimi tutte le sovrastrutture crollano e si crea un’occasione insostituibile: una bolla di verità, una delle poche opportunità per provare ad ascoltare il chi siamo, il dove siamo e quello che realmente desideriamo.
un testo e uno spettacolo a cui stavamo lavorando nei mesi precedenti al diffondersi della pandemia, e che in modo quasi profetico aveva proiettato nel mondo che stavamo andando a realizzare sul palcoscenico aspetti della condizione in cui tutti da li a poco ci saremmo trovati e che sarebbe diventata “condizione” comuna e condivisa.
una disarmante attualità e una dimensione ironica a tratti anche grottesca attraversa il mondo, i personaggi e soprattutto i vissuti che GIOVINEZZA OBBLIGATORIA porta in scena, parlando in qualche modo ad ognuno di noi, delle nostre fragilità, delle nostre ossessioni, dei nostri desideri e aspirazioni.
Simone Schinocca
Note dell'autore
Che cos’è la vecchiaia? E’ una questione anagrafica? È una questione biologica? È una questione sociale? Quand’è che una persona può essere dichiarata “vecchia”? È una questione psicologica? È una questione fisica? di prestazioni? di capacità o incapacità a svolgere determinate mansioni?
Questa è l’indagine che abbiamo cercato di fare, in un mondo come quello attuale in cui la vecchiaia è sempre meno rappresentata, sempre più allontanata e rifiutata, non solo dal punto di vista fisico e dell’apparenza, fenomeno non nuovo, ma in modo sempre più violento, anche da quello dell’aspettativa sulle prestazioni delle persone, lavorative e relazionali. Come se tutti gli aspetti che accompagnano l’avanzare dell’età fossero per forza negativi. Come se un corpo che funziona in modi e tempi diversi, con necessità diverse fosse una cosa di cui vergognarsi.
Nella nostra società proviamo tutti angoscia pensando al momento in cui verremo dichiarati vecchi, in cui ci arrenderemo alla sentenza di qualche ente esterno, istituzionale o commerciale, che ci notificherà il nostro passaggio alla terza età, magari in modi anche all’apparenza banali come l’invio di pubblicità basate su algoritmi che decidono per noi quando è il momento di smettere di desiderare alcune cose, per passare ad altre. Abbiamo paura di quel momento, di venire tagliati fuori, di finire nel mondo dei lenti, degli inutili, di chi consuma senza produrre. Ci aggrappiamo ad ogni ogni novità e a ogni accelerazione della società, in modo da ritardarlo il più possibile o per lo meno di attutirne la percezione.
Abbiamo cercato di indagare questi aspetti chiedendoci cosa succederebbe a una persona se dovesse improvvisamente ritrovarsi in una sorta di sogno kafkiano in cui al posto dei panni di uno scarafaggio, si trovasse in quelli di un vecchio.
Andrea Lupo
Note dello scenografo
Ho pensato di rendere tutto trasparente come per i tempi che viviamo, con le nostre vite esposte agli occhi altrui attraverso il mondo social. La scena a volte è anche riflettente e consente agli attori di osservarsi e moltiplicarsi, quasi ad affermare l’omologazione di cui tutti siamo vittime.
In scena si riflette anche il pubblico che forse si può immedesimare con ciò che accade.
I costumi ci suggeriscono una visione dell’abbigliamento molto legata al lavoro, a una moda che esclude la diversità e appiattita sulla funzionalità, escludendo totalmente il piacere di rappresentare se stessi in mezzo agli altri.
Giancarlo Gentilucci
Stampa e commenti
[...] dopo pochi minuti di spettacolo, diretto da Simone Schinocca, la sensazione non è affatto quella di osservare un mondo distopico, ma quella di aver aperto la finestra su una casa qualsiasi di due coniugi nel pieno delle loro carriere [...] Nel giro di un’ora lo spettacolo accompagna gli spettatori in un vortice emotivo turbolento. un percorso in cui si affrontano tutti gli stati d’animo che ci accompagnano dalla giovinezza obbligatoria alla vecchiaia inevitabile. Così, nel giro di pochi minuti tutto muta...... La sensazione è quella che l’opera faccia un lavoro molto importante, ossia concedere allo spettatore un momento di riflessione verso i grandi temi rimossi di questi tempi: la vecchiaia, il rallentamento del nostro corpo, l’accettazione dei nostri lati più oscuri, brutti e non mostrabili [...]
About Bologna | Luca Vanelli
[...] un’analisi cruda della nostra contemporaneità, resa godibile al pubblico dalla sapiente scrittura di scena, ricca di verità quotidiana e di ironia, di quella particolare banalità che, come sostiene lo stesso Lupo, deve interessare al teatro, in quanto rappresentativa di tratti emotivi e comportamentali condivisi dalla maggior parte degli esseri umani. Lo spettatore è portato a riflettere sui parametri che definiscono l’anzianità nella nostra società, sulla loro legittimità e sulla discrepanza fra la convenzione collettiva e la percezione individuale.
Ne risulta un viaggio fra profondi interrogativi personali e sociali, che gode dello sfondo offerto dalla scenografia di Giancarlo Gentilucci, suggestiva esagerazione della nostra convivenza col mondo virtuale e concreto appoggio per i monologhi interiori degli attori [...]
Birdman Magazine | Matteo Dagnino
[...] un pretesto surreale per riflettere su noi stessi arrivando a chiederci, portando all'eccesso le dinamiche della contemporaneità, se il nostro stile di vita sia davvero l’unico possibile [...] Giovinezza obbligatoria indaga con coraggio e leggerezza su di un tema sentito e di grande attualità, la percezione di quella vecchiaia oggi vista solamente come un limite sulle prestazioni fisiche, lavorative e relazionali: in un ideale viaggio nel tempo, proiettando le ansie contemporanee in un mondo del futuro, si proverà a descrivere la terza età senza troppi veli e con un filo di leggerezza, rimarcando le assolute potenzialità che il mondo della medicina in generale, e della geriatria in particolare, riconoscono oggi a quella condizione di anziano non da vivere come l’attesa dell’ultimo chilometro, semmai al apri di una stagione di vita ricca di potenziali suggestioni. [...]
teatroteatro.it | Roberto Canavesi
"[...] Ad Andrea Lupo si deve la capacità di trasmettere, attraverso la sola relazione, il solo dialogo di una coppia di mezz’età (...) l’immagine di un futuro ottuso, soffocato dallo stillicidio dell’abitudine dalla stupidità dell’obbedienza, dove il finto benessere garantito dalla normalità, ovvero in assenza di punizione, viene sgretolato dal terrore dell’inevitabile che accade, con tutte le sue conseguenze. (...) E dal bel lavoro d’interpretazione con Andrea Lupo e Tiziana Irti, in un ritmo frenetico che associa ironia di azioni e dramma di significati, ne deriva un quadro umano stritolato nel tedioso, nella psicosi del diverso, dell’opzione, della varietà. Tutto per il cieco tentativo di trattenere il tempo, di spaccare in due quel che resta del valore della vita umana.[...]"
Cahier des Arts | Nicole Jallin
[...] spettacoli come questo, non solo fanno trascorrere un pò di tempo di qualità e distraggono per un pò da se stessi, ma mettono in moto i pensieri, creano collegamenti, empatia, terapeutiche identificazioni in personaggi, situazioni ed emozioni, ampliano la coscienza, ci riportano a noi e ci fanno riconoscere come esseri umani [...]
Unanimainviaggio.it | Patrizia Pazzaglia
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