Le voci della sera
Crediti
dall'omonimo romanzo di Natalia Ginzburg
adattamento per la scena e regia Silvia Frasson
con Silvia Frasson
musiche originali di Guido Sodo
abito di scena ElenaB Vintage Torino
disegno luci Andreas Froeba
foto di scena Antonio Viscido
foto promozionali Valentina Fontanella
produzione Archètipo
La trama
Un paese e le sue voci.
Una madre, una figlia e le vite degli altri.
Una struggente storia d'amore, come tutte.
La vita così com'è, senza fronzoli.
Lo sguardo nudo di Natalia Ginzburg si incontra con il teatro di emozione di Silvia Frasson, per portare per la prima volta in teatro un racconto delicato e crudo insieme.
Natalia Ginzburg scrive sempre in prima persona. Si mette dentro la storia, racconta, vive, mostra le cose come se le vedesse, per farle vedere al lettore. È impossibile non seguirla nel suo racconto, ti accompagna, ti coinvolge. Qualità anche del raccontare di Silvia Frasson:avvicinare a chi ascolta una storia, un personaggio, uno sguardo, un sentire. Così vicino che quel personaggio potrebbe essere un amico, un parente, così vicino che potremmo essere noi. Nella narrazione de “Le voci della sera” - che arriva in teatro per la prima volta - Frasson sostituisce la sua voce alla parola scritta, e veste i panni e lo sguardo di Elsa, protagonista a cui la Ginzburg affida il racconto di questo struggente delicato veritiero romanzo sulle relazioni, sui rapporti umani, sulle abitudini e disabitudini d'amore, sui sentimenti da cui non tutti si lasciano travolgere, sui pensieri che troppo spesso vengono sotterrati per poter continuare a vivere senza troppo domandare.
Ritratto perfetto, scritto più di 60 anni fa, di un modo indeciso e impermeabile - tuttora contemporaneo - di vivere la propria vita e le relazioni con gli altri.
Note di regia e drammaturgia
Il vecchio Balotta e sua moglie Cecilia. I figli del vecchio Balotta e il Purillo. La signora Ninetta Bottiglia e sua figlia Giuliana. La madre di Elsa e zia Ottavia. Elsa e il suo Tommasino. Ecco i personaggi che animano questa storia e la storia del paese in cui vivono, a pochi chilometri dalla città, eppure così chiuso e ristretto nelle sue abitudini di pensiero, nel suo modo di concepire la vita, soprattutto la vita di una giovane donna: ”Il matrimonio per una donna – dice la madre di Elsa - è il destino più bello”. Ecco con cosa si scontra Elsa, con quelle voci degli altri, con quell'abituarsi degli altri ad un modo di vivere e di accontentarsi della vita che lei non sceglie.
Tutti i personaggi passano attraverso il corpo e l'immaginario di una sola attrice: alcuni di loro animano scene e momenti esilaranti, dialoghi pieni di ironia, strappano sorrisi e leggerezza, altri riempiono lo spazio scenico di travolgente sentimento, per cui si rimane senza fiato.
Natalia Ginzburg vinse il Premio Strega con Lessico Famigliare. Questo romanzo breve - Le voci della sera- ne è chiaramente il precursore, i personaggi del romanzo hanno caratteristiche e modi di fare che la Ginzburg ha preso in prestito per loro dai familiari e conoscenti, ne scopriamo la provenienza facilmente a leggere i due romanzi secondo la cronologia di come sono stati scritti : Le voci nel '61, il Lessico nel '63. È come se con Le voci abbia preso la rincorsa per scrivere poi il suo Lessico. Alla scrittura della Ginzburg mi avvicina lo sguardo per le cose e l'essere umano, scarno da fronzoli, per raccontarne l'essenza, la fatica, a volte lo strazio, così reale e concreto che caratterizza i nostri giorni, il nostro quotidiano.
Leggiamo la Ginzburg e riconosciamo le cose per quello che sono. È dunque autrice perfetta da portare in teatro, luogo dove le persone possono sentirsi raccontate, viste, comprese. Un luogo dove ci si specchia, ci si confessa, si maledice o si benedice, ma non soli, come siamo nelle nostre case, ma in comunità.
Stampa e commenti
“È un romanzo messo su raccogliendo le parole cadute lungo la strada, pronunciate
mentre la vita scorreva” Cesare Garboli
“È un romanzo in cui la perdita costante della vita si risolve in tenerezza”
Sandra Petrignani, La Corsara
"La capacità di Silvia Frasson di far apparire in ogni scena i personaggi con pochi essenziali gesti, con l’espressione impercettibilmente mutata del volto o il tono della voce di poco più alto o più basso, si sposa perfettamente con la delicatezza del racconto della Ginzburg, dandoci la sensazione che il romanzo sia stato scritto proprio per essere interpretato." Alice Capozza, Gufetto
"Elsa nel corpo di Silvia esce dalla scena come un’ombra leggera, solitaria e malinconica, inconsapevole della potenza liberatoria che porta in grembo la sua scelta. Il suo dire “no, grazie!” non è tanto rivolto a Tommasino quanto piuttosto ad una società che ci ha preteso ancorati alla cornice delle convenzioni e omologati ad un modello precostituito piuttosto che essere coerenti con la nostra specificità. Rifiutare qualcosa a noi destinato, se riteniamo che lì non risieda la nostra e l’altrui felicità, è un atto d’amore che ogni essere umano deve a se stesso. È questo il grido muto di Elsa vestito soltanto del dolore della delusione ma non del rimpianto."Paola Margheriti, Prima Pagina Chiusi
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