Dieci
Crediti
dal romanzo di Andrej Longo
con Elena Dragonetti
regia Elena Dragonetti e Raffaella Tagliabue
produzione Narramondo e Teatro Altrove
scene Lorenza Gioberti
costumi Francesca Marsella
luci Danilo Raja
movimenti e foto di scena Valeria Chiara Puppo
progetto crowdfunding Gabriella Barresi
grafica Gaea Riondino
- PREMIO CALANDRA 2014 (Miglior Spettacolo, Miglior Regia, Migliore Attrice Elena
Dragonetti)
- MENZIONE SPECIALE al BANDO STORIE DI LAVORO 2015
- PREMIO della GIURIA al FESTIVAL MILANO OFF 2016
- INVITATO al FESTIVAL INSCENA di NEW YORK 2017
- FINALISTA al CASSINO OFF Festival del Teatro Civile 2015
- FINALISTA Bando Theatrical Mass 2017
- FINALISTA al Festival TeatrOfficina 2015
La trama
DIECI vite portate in scena da un’unica attrice disegnano quel mondo denso e variegato che è Napoli, realtà universale che racchiude in sé tutte le pieghe nascoste dell’animo umano. DIECI comandamenti a cui ogni personaggio è legato, a raccontare lo sguardo di un Dio che è altrove. Ma “Dieci” non è solo Napoli. È quella speciale capacità umana di sopravvivere alle condizioni più estreme, di accettare e normalizzare anche l’intollerabile. È la tenerezza, l’ironia e la poesia che non sembrano poter appartenere a uomini, donne e bambini così arrabbiati con la vita.
“Dieci” è uno spettacolo teatrale in cui dieci personaggi attraverso dieci monologhi si raccontano. In cui dieci vite narrate da dieci voci diverse disegnano quell’universo denso e variegato che è Napoli. Non in quanto area geografica circoscritta ma in quanto realtà universale che racchiude in sé pieghe nascoste dell’animo umano.
“Dieci” come i dieci comandamenti. A cui ogni monologo è intitolato. E a cui ogni personaggio è legato, a suggerire una rilettura delle vicende umane sotto lo sguardo assente di un Dio che è altrove. Longo disegna i dieci personaggi, le loro paure, le viltà, la loro grazia con un’esattezza quasi dolorosa. Usa una lingua affascinante quasi tutta costituita dal parlato e dal dialetto. La scrittura è asciutta, i dialoghi rapidissimi, scarni, a volte brutali, le scene veloci, ricche di dettagli, che raccontano fatti a volte atroci come fossero normale amministrazione. Un’ironia tipicamente popolare accompagna tutta la narrazione consentendo al linguaggio di uscire dal dramma e di trasformarsi in tragedia contemporanea. Lo stesso stile di Longo, e l’alternarsi delle storie permette di passare da un linguaggio scarno e asciutto, seppur denso di vissuti emotivi, alla pura sceneggiata napoletana. Così il comico e il tragico diventano la stessa faccia della medesima medaglia.
In scena una sola attrice a portare il suono di quelle voci che arrivano da strade dentro vicoli scuri, i canti, i rumori, i silenzi. Bastano poche pennellate a disegnare le costrizioni, le servitù, il desiderio di cambiamento, che adulti e bambini vivono in una società dove vigono regole spietate, e dove le cosiddette istituzioni non solo contano poco, ma sembra proprio che non esistano. Quello che però viene fuori dai racconti è anche una dolcezza, una tenerezza e una poesia che sembra non possano far parte di uomini, donne e bambini così arrabbiati con la vita.
Il desiderio e la necessità di restituire ad ogni racconto l’unicità dell’anima che lo attraversa, ha portato a sperimentare forme di narrazione differenti, creando commistioni tra teatro – danza, teatro di narrazione, linguaggio video.
“Dieci” non è solo Napoli. È uno spettacolo dentro al quale poter ritrovare una parte della propria fatica di vivere e forse, tra le righe, una possibile via di scampo. E’ quella speciale spinta alla sopravvivenza che in napoletano si chiama “pacienza”, una parola che mette insieme la voce “patire” con quella del darsi “pace”. Non è una rassegnazione, ma il più alto stato civile dell’esperienza, una santità di marinai in terra che sanno dormire nelle tempeste.
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