Crediti
di e con Alessandra Domeneghini
regia Sergio Mascherpa
scene di Giacomo Andrico
immagini video Roberto Capo
disegno luci Elena Guitti
produzione Teatro Laboratorio Brescia
con la collaborazione e il patrocinio della Fondazione Giorgio Perlasca
La trama
„Che cosa avrebbe fatto lei al mio posto?“
È questa domanda che Giorgio Perlasca rivolge al suo interlocutore a scatenare in noi molte altre domande...
Sarei capace di attivare tutte le mie facoltà per oppormi ai fatti orribili cui sto assistendo?
Metterei a rischio la mia vita per salvare persone sconosciute?
Saprei attingere a quella parte di me che cerca di combattere l'ingiustizia?
È proprio per le molte riflessioni che si scatenano ascoltando la sua storia che vogliamo parlare ancora di lui, del magnifico impostore:
e vorremmo farlo perchè il tempo in cui viviamo è un tempo difficile e richiede spesso anche a noi di fare appello alla forza morale che ci portiamo dentro.
Giorgio Perlasca nasce a Como il 31 gennaio del 1910.
Dopo pochi mesi si trasferisce con la famiglia a Maserà in provincia di Padova, ed è lì che oggi è sepolto sotto una lapide sulla quale egli volle scritto „Giusto tra le nazioni“. In gioventù aderisce al fascismo, ammira Mussolini, l’uomo che porta in Italia
riforme a favore del popolo, tanto da partire volontario prima per l’Africa e in seguito per la guerra civile di Spagna. Al rientro in Italia il suo rapporto con il fascismo cambia nettamente: non trova giusta l’alleanza con i Tedeschi e le leggi razziali emanate in Italia nel 1938.
Perlasca sarà così per tutta la sua vita: un uomo dal carattere forte, per niente incline ai compromessi, che di fronte agli eventi giudicherà sempre in maniera autonoma secondo la propria etica ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Alla fine degli anni '30 inizia a lavorare per la SAIB, società anonima di importazione bestiame, come agente all’estero. Per questo lavoro la sua dialettica e la sua capacità organizzativa sono caratteristiche importanti, e si riveleranno indispensabili nel 1944 in Ungheria durante la seconda guerra mondiale.
Nella città di Budapest Perlasca compirà quelle azioni per cui 40 anni dopo sarà proclamato „Giusto tra le nazioni“. Ma cosa fece quest’uomo? Salvò 5218 Ebrei ungheresi portando avanti il programma di protezione avviato dalla Spagna insieme ad altre nazioni neutrali che cercarono di arginare la follia della Shoah. Lo fece in una situazione di pericolo costante: non solo perché si trovava in una città occupata dai tedeschi e assediata dai russi, ma soprattutto perché si inventò il ruolo di ambasciatore spagnolo con il rischio di essere scoperto in ogni momento. Fu un’azione che portò avanti per 45 giorni, dal primo dicembre del 1944 al 16 gennaio del 1945. A maggior merito di quest’uomo va detto che possedeva un visto diplomatico per lasciare l’Ungheria e non lo fece, che utilizzò tutti i suoi risparmi per comprare cibo agli Ebrei rifugiati nelle case protette, che impiegò tutta la sua astuzia per raggirare i gerarchi nazisti al potere...e con grande coraggio impedì la cattura degli Ebrei perseguitati facendo loro scudo con il suo corpo.
Fece tutto questo per amore di giustizia, perché non tollerava di veder massacrare tanti innocenti senza fare nulla.
In seguito alla liberazione di Budapest da parte dei russi, Giorgio Perlasca tornò finalmente a casa nel maggio del 1945, e non raccontò ciò che aveva compiuto.
Ed ecco l’altra grande lezione che ci insegna quest’uomo: il silenzio.
In un mondo dove tutto „viene sbandierato“ lui fa una scelta diversa. Manda un resoconto dei fatti sia al governo spagnolo che a quello italiano, perchè, da uomo d’onore quale era, riteneva di dover rendere conto di ciò che aveva fatto, avendo usato false credenziali per salvare quelle persone, poi non ne parla più.
Perlasca continua la sua vita come un uomo qualunque, pensando di aver fatto solo il suo dovere, ritenendo che ogni uomo debba opporsi davanti alla violenza con fermezza senza pensare alla propria incolumità.
Nel 1987 viene cercato da alcune donne che l’avevano conosciuto al tempo della persecuzione, e nel 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, i primi salvati si recarono a Padova per rivederlo e ringraziarlo. Nello stesso anno viene nominato „Giusto tra le nazioni“ dallo Yad Vashem (l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele) e pianta un albero nel giardino dei Giusti a Gerusalemme. Muore il 15 agosto del 1992.
Non è difficile spiegare perché abbiamo voluto realizzare uno spettacolo sulla sua impresa: perché si parla di giustizia, di coraggio, di umiltà; perchè si parla di libero pensiero e di coscienza; perché si parla di capacità di compiere delle scelte a favore del bene; perché ci si trova di fronte all’eterno dilemma dell’essere o dell’avere.
Le risposte di Perlasca ci sono piaciute e sono, purtroppo, attualissime, forse più di allora. Ed è proprio per avviare una riflessione, per portare un esempio alto che abbiamo voluto parlare di lui; viviamo in un’epoca tutt’altro che facile, in cui coraggio e capacità di scegliere sono „estremamente necessari“.
Lo spettacolo, della durata di un'ora, si presenta in forma di monologo, supportato da immagini e musiche.
L’attrice si cala nei panni di 4 personaggi: il narratore, che ci accompagna nella comprensione dei fatti, la Contessa Irene, che lo aiutò nella sua impresa, Madame Tournèe, che lavorò a stretto contatto con lui e Eva Lang, prima testimone affinché Perlasca fosse proclamato “Giusto tra le nazioni“.
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