María
Crediti
regia di Elena Delithanassis
aiuto regia Marco Palazzoni
con Marco Palazzoni, Elena Delithanassis, Isabella Polisena
voci di Fulvio Falzarano, Tullia Alborghetti, Valentina Milan, Sergio Pancaldi
produzione Hangar Teatri
La trama
María, uno spettacolo sul destino.
La Compagnia Hangar Teatri porta in scena la forza del realismo magico e, con uno sguardo incantato, indaga l’affascinante mistero della vita. Spagna, anni del franchismo: María, ex ballerina e assistente del Mago Saturno, in un pomeriggio di piogge primaverili si ritrova in mezzo ad una strada deserta con l’auto in panne. Costretta a chiedere aiuto, accetta un passaggio da un autobus diretto verso un ospedale psichiatrico: da quel momento la sua vita cambierà per sempre.
Note di regia
Il racconto porta a teatro il realismo magico tipico di una parte della letteratura latinoamericana e narra le cose insolite che capitano nella vita e che molte volte cambiano irrimediabilmente il suo corso. Lo spettacolo,liberamente ispirato al racconto “Sono venuta solo per telefonare” di G.G. Márquez, è costellato da immagini e visioni poetiche e indaga l’affascinante mistero che avvolge la vita per svelarne i suoi aspetti più segreti, con uno sguardo incantato e immaginifico, ma allo stesso tempo reale e lucido.
Dalle parole di Elena Delithanassis “Nel 2014 intrapresi un viaggio in Colombia da una mia amica italo-colombiana, la quale mi regalò un libro, i “Dodici racconti raminghi” di Gabriel García Márquez. Lo lessi in poco tempo e ne rimasi molto entusiasta. Definii i racconti “un’esplosione di fantasia mescolata alla terra”. Mi appassionai di uno in particolare: “Sono venuta solo per telefonare”, forse a causa della mia città, Trieste, che fin da bambina mi insegnò a pensare che “i matti, non sono matti” oppure per le abilissime doti di Márquez nell’arte di raccontare, oppure più semplicemente per il mio istinto.
Ho voluto portare in scena uno degli aspetti della vita per me più affascinanti: l’ineluttabilità del destino perché la vita alle volte ti porta a prendere delle strade senza via d’uscita, fuori dal tuo controllo e non puoi fare altro che accettare e andare avanti. Come nel racconto di Márquez, María non ha avuto altra scelta se non prendere quell’autobus completamente ignara che le avrebbe cambiato per sempre la vita. Alle volte si creano delle circostanze dove la realtà si mescola con il surreale e non capisci più ciò che è vero e ciò che non lo è.
Márquez in questo è indubbiamente un Maestro.
le foto
stampa e commenti
«…Tutta questa storia, però, che è letteratura, Elena Delithanassis, ce la racconta con pochissime essenziali parole. Quindi non come farebbe ogni bravo scrittore, autore di teatro di prosa, ma come preferirebbe suggerirla un mimo, con l’arte della sua capacità di esprimersi per immagini sentimentali: ecco perché «la poesia è poesia quando porta in sé un segreto». E il palcoscenico può diventare tanto poetico quanto misterioso.» - Fausto Nicolini, Quarta Parete, maggio 2023
«Un’ermetica, poetica, chicca scenica; uno spaccato individuale quanto universale dell’ineluttabilità umana, sostantivazione per gesti e immagini dell’incontrollabile mutamento delle vicissitudini telluriche che solo cedendovi possiamo accettare e sostenere, senza, tuttavia, mai comprenderne principi e messa in atto. Una storia dove le forme innovative del teatro di prosa sperimentale hanno saputo ben veicolare l’intensità e la meraviglia del realismo magico, portando sul palco, senza troppe parole, il dolore e la rassegnazione di una vita fuori controllo.» Cristina Peretti, Banquo megazione, maggio 2023
«”Maria” è uno spettacolo ricco di immagini poetiche e a tratti crude e realistiche, che ben argomentano quei luoghi perduti, quei labirinti dimenticati da Dio dove si consumano violenze, manipolazioni e deliri di onnipotenza. Luoghi perduti di gente perduta dove viene da chiedersi “Chi è il vero malato di mente?”» Federica Sarti, Il Foyer, giugno 2023
«Tutta la scrittura di “Marìa”, con le sue lunghe pause di silenzio, i suoi fumi, le sue luci-gabbia che tampinano e imprigionano i corpi, l’allegoria di un destino in tabarro e cappellaccio che dispone la scena, a prima vista possono sembrare la poetica pantomima di una lunatica – disperata nella danza infinita sotto il blu di una notte astratta, verso il finale, finalmente a palco disteso – è in verità un lento discendere nell’alienazione e nella privazione della luce.» Carlo Lei, Krapp’s Last Post, gennaio 2024
programmazione
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