Poveri noi
storia di una famiglia nella tragedia della guerra
"C'è una bambina vivace che vive in campagna, scopre le cose del mondo, ride inciampa cade e ride ancora. Poi, da un attimo all'altro, non può più stare in strada da sola a giocare, in cielo al posto delle nuvole ci sono gli aerei bombardieri e se suona la sirena bisogna rifugiarsi da qualche parte altrimenti sei perduto. C'è una vita semplice e bella, poi arriva la guerra e non c'è più niente."
crediti
di e con Silvia Frasson
regia di Andrea Lupo
musiche originali di Guido Sodo
con la consulenza storica di Savina Reverberi Catellani
fotografie di scena Roberto Cerè
produzione Teatro delle Temperie
con il sostegno di ANPI sezione di Valsamoggia, Comune di Valsamoggia, Regione Emilia-Romagna
con il patrocinio di Amnesty International Italia
*vincitore del Premio Giacomo Matteotti 2023 - XIX edizione, organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri su temi di libertà e giustizia sociale
categoria: prosa
anno: 2022
la trama
“Poveri noi - Storia di una famiglia nella tragedia della guerra” racconta la storia della famiglia di Gabriella Degli Esposti, Partigiana Medaglia d’oro al Valore Militare; ma in realtà racconta la storia di una famiglia qualunque in un qualunque momento storico, vittima di una qualunque guerra in un qualunque paese del mondo.
Questa è una storia raccontata con estrema Semplicità (la lettera maiuscola è fortemente voluta). Un ritorno desiderato e cercato alla sostanza delle cose, degli avvenimenti, dei desideri e dei bisogni, delle emozioni. Una semplicità che viaggia su due livelli. Innanzitutto nella scelta di raccontare questo pezzo di grande storia collettiva, dal punto di vista di quella che all’epoca era una bambina, ovvero la figlia di Gabriella Degli Esposti, Savina Reverberi Catellani, che ha partecipato anche come consulente storica durante la scrittura dello spettacolo.
In secondo luogo, c’è una ricerca di estrema semplicità nella scommessa di prendere temi così grandi e densi di elementi - gli accadimenti storici, la guerra, la lotta per la libertà, la decisione di schierarsi per le proprie idee mettendo a repentaglio se stessi e la propria famiglia - e affidare a un solo personaggio, al centro di una scena del tutto spoglia, il compito di farsi tramite di tutta questa complessità e restituirla agli spettatori.
Far raccontare a Savina bambina, obbliga a dare molto poco per scontato, ad evitare troppe strade intellettualistiche e stare sulla sostanza delle cose, non solo utilizzando parole semplici ma rendendo semplice la comprensione del significato più profondo di quello che è successo a Gabriella Degli Esposti e alla sua famiglia.
La connessione emotiva che si crea tra la protagonista e il pubblico è assoluta, grazie alla scelta di sgombrare la scena da ogni altro tipo di distrazione o sovrastruttura e lasciare spazio alla magistrale interpretazione di Silvia Frasson capace di mostrarci da sola - come già ci ha abituato nei precedenti lavori - non solo un’intera serie di personaggi, ma un intero mondo che, tramite lei, ci si spalanca davanti.
Questa interpretazione così potente, capace di salti di registro così decisi eppure così naturali, viene esaltata da una regia che ha saputo mantenere il giusto ritmo per un monologo. Una fluidità che viene sostenuta dalla scelta di accompagnare i cambi di scena con una danza di bambina sempre meno spensierata e sempre più rigida, con le belle musiche di Guido Sodo che, mentre ci restituiscono senza bisogno di scenografia il territorio emiliano dell’epoca in cui è ambientata la storia, via via si arricchiscono di note stonate. Una soluzione elegante che accompagna il pubblico verso l’epilogo, senza bisogno di parole.
Anche noi oggi, come la piccola Savina, abbiamo bisogno di capire, di farci le domande giuste, sul nostro mondo, partendo dalla storia di Gabriella Degli Esposti ma arrivando davvero al suo significato più profondo. Perché non solo sono molte le cose sulla guerra, e su molto altro, che non abbiamo ancora capito ma, peggio, ci siamo dimenticati quali siano le domande giuste da fare.
Per trovarle, forse, da un lato c’è bisogno di recuperare lo sguardo dei bambini, una salutare pratica che si allena sedendosi davanti a qualcuno che - dal vivo, come da piccoli - ti guarda negli occhi e ti racconta una storia. Dall'altro, c’è bisogno di qualcuno che - come in questo caso - prenda i temi più grandi e importanti e trovi il modo di comunicarli per davvero a chi è pronto ad ascoltare.
note dell'attrice / autrice
È difficile trattare grandi tematiche in teatro. Difficile trovare il modo più efficace per raccontare una storia. E il difficile mi intriga. È una grande sfida, ogni volta. Cercare il modo migliore perché una storia tocchi più persone possibile, arrivi lì dove poche cose arrivano, schermati come siamo abituati a vivere, inevitabilmente. C'è un pezzo nello spettacolo dove si racconta di un trattore piccolo distrutto e fumante in un angolo della strada, davanti un soldato morto carbonizzato. Ma è il giorno della liberazione e intorno ci sono solo grida di gioia e festa. "Nessuno vuole guardare, nessuno vuole più soffrire" - si dice. Ecco, mi sembra che viviamo un costante giorno della liberazione, noi in questo momento storico-sociale. Cerchiamo - giustamente - boccate d'aria, vicoli per sfuggire ai dolori - altri, ancora? - ai cattivi pensieri, ingombranti. È forse un giusto spirito di sopravvivenza che ci fa difendere. E allora come si fa, a far risuonare certe cose grandi, certi aspetti della vita che riguardano tutti e che sono in agguato e di cui bisogna invece parlare, che bisogna ricordare, che poi, quando vengono allo scoperto, uniscono non distanziano, avvicinano, accomunano. È questa - del resto - la caratteristica delle grandi tematiche: la morte, l'amore, la guerra - riguardano tutti, anzi sono proprio le uniche cose che abbiamo in comune noi tutti sconosciuti dispersi e lontani nel mondo. Come si fa? Si incontrano le persone, si ascoltano storie di altri, si guarda il mondo con uno sguardo non nostro. È successo così con Savina (Reverberi Catellani), ho incontrato il suo sguardo, prima della sua storia e di quella della sua famiglia. Ho visto con i suoi occhi. Ho attraversato le cose che ha vissuto con la sua pelle. Così facendo, ho trovato il modo giusto per raccontare di una cosa grande enorme difficile infernale e - ahimè - sempre attuale: la capacità di distruzione e azzeramento che solo la guerra può avere. Non una, tutte le guerre. In ogni tempo. E allora si parte proprio quando la guerra non c'è e c'è invece la vita, scoperta passo dopo passo da una bambina di campagna, vivace, che cresce nella sua famiglia, che fa i capricci, che ride e corre e inciampa e cade e ride ancora. Si parte proprio da tutto quello che , una volta arrivata la guerra, viene spazzato via - "in un attimo". Tutte le cose che noi facciamo normalmente: mangiare quello che ci va, uscire, camminare, scherzare, dire ciò che pensiamo, cantare, stare insieme. Tutte cose che facciamo e che perdiamo subito, appena perdiamo la libertà. La storia di Savina è proprio la storia di tutto quello che accade quando incombe una guerra. A tutti, in tutto il mondo, ora e sempre. E forse, ad averlo bene davanti agli occhi, a farcelo arrivare vicino, più vicino che si può, possiamo stare più attenti a scongiurarlo, in ogni modo, in ogni tempo.
Silvia Frasson
note di regia
Perché raccontare oggi in teatro la storia di Gabriella Degli Esposti (Medaglia d’Oro al Valore Militare, eroina e martire partigiana) e della sua famiglia? E soprattutto come possiamo raccontare oggi questa storia, al pubblico di oggi abituato a sceneggiati televisivi, film in streaming ed effetti speciali incredibili? L’unica risposta possibile per me è stata quella di chiamare un’amica, una collega straordinaria, una vera narratrice, Silvia Frasson. Perché questa è una storia che ha bisogno di essere raccontata con estrema Semplicità. Perché questa è una storia che è quasi obbligatorio raccontare oggi più che mai ed è altrettanto doveroso raccontarla in modo che possa penetrare in ogni cuore, in ogni mente con grande onestà e passione. Silvia era, ed è stata infatti, l’unica persona che potesse realizzare questo progetto ambizioso e necessario. Ad accompagnarla e sostenerla in scena le musiche di un artista altrettanto straordinario Guido Sodo che ha composto e realizzato per questo spettacolo una vera e propria colonna sonora; perfetta. A me non è rimasto che mescolare il tutto in una messa in scena il più semplice e pulita possibile; come quando ad uno chef si portano ingredienti di altissima qualità, vere eccellenze e a lui non resta che assemblarli rispettandone con delicatezza le originali e straordinarie peculiarità.
Andrea Lupo
le foto
stampa e commenti
Il video dell'intervista di Roberto Cerè della rivista millecolline.it a Silvia Frasson e Andrea Lupo (15/11/2022):
L'intervista di Sandra Nistri del quotidiano La Nazione a Silvia Frasson (10/10/2023). Scaricala qui.